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Esame del campo visivo: quando prescriverlo?

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Cosa si intende per campo visivo?

Per campo visivo si intende la porzione di spazio percepibile da parte di un occhio mantenendo la fissazione stabile verso un punto.

Se la definizione di campo visivo è rimasta immutata nel corso del tempo, quello che è successo invece alle metodiche di valutazione, è un progressivo sviluppo che ha visto il passaggio da schermi e archi tangenti, a campimetria e perimetri manuali fino ad arrivare alle più recenti tecniche automatizzate.

Ad oggi la perimetria computerizzata risulta essere l’esame più prescritto da parte del medico specialista in oculistica.

Questo è dovuto al fatto che la metodica di indagine è considerata universalmente come poco invasiva.

Vi sono però una serie di fattori che spesso non vengono considerati, trattandosi di un esame che si basa totalmente sulle risposte soggettive del paziente, ne consegue che in presenza di pazienti non collaboranti il risultato ne viene compromesso irrimediabilmente.

Recentemente abbiamo assistito a un aumento spropositato di prescrizioni dell’esame del campo visivo, riscontrando molto spesso un’incongruenza tra il quesito diagnostico e la richiesta di valutazione perimetrica.

Quando è utile prescrivere l’esame del Campo Visivo?

Sicuramente l’utilizzo più conosciuto del campo visivo è nella diagnosi e follow-up della patologia glucomatosa. In generale possiamo indicare che risulta utile nella valutazione di:

  • diagnosi di patologie neuro-oftalmologiche e sistemiche con interessamento dell’apparato visivo;
  • follow-up delle predette patologie;
  • monitoraggio degli effetti secondari di alcuni farmaci, che possono dare intossicazioni a livello oculare;
  • scopi medico-legali-assicurativi (come rinnovo patenti, l’identificazione di simulatori e quantificazione danni);
  • studi clinici;
  • medicina del lavoro per valutare la compatibilità tra mansione e deficit visivi del lavoratore.

Utilizzo del campo visivo nel glaucoma

Il campo visivo è molto utile per valutare patologie con interesse neuro-oftalmologico, e ad oggi il motivo principale per cui viene prescritto la valutazione del Glaucoma, soprattutto nella diagnosi iniziale. Ma quali sono i suoi limiti?

Molto spesso si conferisce al campo visivo un potere predittivo, ma lo strumento non è abbastanza sensibile per individuare un danno precoce da Glaucoma.

Se di fatto viene rilevato un danno nel CV al paziente, vuol dire che la malattia è già presente da diverso tempo.

Molteplici studi clinici individuano l’FDT (campo visivo a duplicazione di frequenza) e gli esami elettrofisiologici come gli unici in grado di testare le cellule ganglionari M selettivamente, evidenziando eventuali alterazioni anche diverso tempo prima della comparsa del primo danno al campo visivo.

Campo visivo e glaucoma

Ma in assenza di tali strumenti su cosa possiamo fare affidamento per sospettare un danno glaucomatoso, soprattutto nelle fasi iniziali?

  • la presenza di almeno 3 punti adiacenti (cluster), con simboli di probabilità inferiori al 5% posizionati non adiacenti alla macchia cieca o all’estrema periferia (ad esclusione del settore nasale);
  • almeno due punti adiacenti con simboli di P inferiori a 1% e 5%;
  • indice CPSD con un simbolo di probabilità inferiore al 5%;
  • un GHT fuori dai limiti di norma in presenza di un CV sostanzialmente normale

Il decorso della patologia e il deterioramento funzionale, segue i fasci delle fibre nervose retiniche. Il primo difetto riscontrabile nelle fasi iniziali è la presenza di un salto nasale nei 30 gradi centrali, scotomi paracecali e scotomi paracentrali, che col passare del tempo tendono a fondersi dando origine allo scotoma arciforme di Bjerrum.

Nonostante il paziente sia in terapia la caratteristica di questa patologia, è la costante evoluzione verso uno stadio considerato terminale.

Questa è caratterizzata da un allargamento dei difetti iniziali, con una conseguente fusione tra scotomi centrali e periferici, fino ad arrivare anche alla perdita della visione centrale, lasciando solo una piccola area visiva posizionata inferotemporalmente.

Utilizzo del campo visivo nelle patologie della macula

Spesso, impropriamente, viene prescritto il campo visivo per effettuare uno studio della maculopatia.

Nulla di errato, ma che tipo di informazioni pensiamo di aspettarci se non una semplice indicazione di riduzione di sensibilità retinica della regione centrale?

Pertanto, è deducibile che non ci fornisce informazioni clinicamente utili, sarebbe raccomandabile l’eventuale campo visivo solo a scopo medico/legale per stadiazione della profondità del danno.

Risulta utile, invece, se si vuole utilizzare l’esame del CV per monitoraggio della patologia.

Utilizzo del campo visivo nell’intossicazione da farmaci

Intossicazioni da idrossiclorochina

Rappresentano un’altra causa di cecità della regione maculare, (circa il 3% di paziente reumatici in terapia non monitorati).

Si prevede un follow up attraverso l’esame del fundus, OCT o campo visivo.

Nei pazienti sottoposti ad esame del CV l’alterazione solitamente riscontrabile è la presenza di piccoli scotomi paracentrali.

Neurite alcool/tabagica

Anche in questo caso siamo in presenza di alterazioni visive della regione centrale della retina, il paziente solitamente presenta un calo del visus, fotofobia e al CV la presenza di uno scotoma centrale con evoluzione fino a comprendere la macchia cieca fisiologica (scotoma centrocecale).

Se il disordine alimentare non viene curato, la conseguenza è DMS e successiva cecità irreversibile.

Intossicazione da Vigabatrin

Un farmaco antiepilettico in grado nel tempo di portare il paziente ad una retinopatia bilaterale con pallore della papilla ed in alcuni casi membrana epiretinica maculare.

L’aspetto del campo visivo risulta bilateralmente ristretto in maniera concentrica, con interessamento maggiore del settore nasale.A volte si presenta come un difetto anulare presente nei 30 gradi centrali.

Utilizzo del campo visivo retinopatia pigmentosa

La retinopatia pigmentosa è una patologia a carattere ereditario caratterizzata da una lenta e progressiva distrofia dei fotorecettori (in particolare i bastoncelli). Il paziente nelle prime fasi si presenta con una nictalopia, presenza al fundus oculi di accumuli di pigmento (spicole ossee), papilla ottica pallida, vasi assottigliati ed a volte edema maculare.

L’aspetto del CV nelle prime fasi della patologia appare ristretto concentricamente, successivamente il difetto tende ad interessare anche la regione maculare portando il paziente alla cecità.

Conclusioni

Risulta quindi di fondamentale importanza porre l’attenzione sui casi in cui è necessario eseguire un campo visivo e considerare alcuni fattori che spesso vengono ignorati.

Pur non essendo considerato invasivo come test, è da sottolineare il suo impatto emotivo sul soggetto esaminato.

Apprensione e ansia da prestazione caratterizzano la maggior parte dei pazienti che vi si sottopongono anche dopo innumerevoli controlli.

L’età del paziente è un fattore determinante. Difficilmente un soggetto under 12 sarà in grado di svolgere correttamente l’esame.

Con pazienti affetti da patologie cognitive o con gravi deficit fisici, non solo risulta a volte impossibile eseguirlo, ma spesso è del tutto inattendibile. Sarebbe molto più opportuno indirizzare questa tipologia di pazienti verso esami più rapidi e oggettivi.


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Articolo tratto dalla lezione del Percorso Formativo Professione Oculista del Dr. Davide Vaglia “Esame del campo Visivo: guida alla prescrizione e all’interpretazione”.

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